La rivoluzione delle scienze omiche
Fabiola Iommazzo ha solo 23 anni, ma ha una visione chiara della sua carriera futura: diventare ricercatrice oncologica. Per questo motivo ha scelto la Laurea Magistrale in Biomedical Omics presso La Statale di Milano, un corso entusiasmante che applica le tecnologie omiche alla ricerca biomedica. Le scienze omiche stanno rivoluzionando il mondo della ricerca: attraverso l'estrazione di grandi quantità di dati da singole cellule, forniscono un'analisi olistica dei sistemi biologici. Fabiola è una delle persone di talento sostenute dalla Fondazione Dompé, e siamo entusiasti di dare il via con lei al progetto "Meet our Talents", una serie di interviste stimolanti in cui i vincitori delle borse di studio raccontano il loro percorso universitario, i loro obiettivi futuri e molto altro ancora. Continuate a leggere per conoscere meglio Fabiola!
Ci racconti un po’ di te?
Sono Fabiola, ho 23 anni, e sono nata e cresciuta a Varese, dove ho frequentato la triennale in Scienze Biologiche presso l’Università degli Studi dell’Insubria. Attualmente, sono iscritta alla magistrale in Biomedical Omics a La Statale di Milano. Ricordo esattamente il momento in cui mi sono innamorata del mondo della scienza: fu a una conferenza sulla nanomedicina l’ultimo anno di liceo. Decisi, infatti, di iscrivermi alla triennale in Biologia. Ho amato questa facoltà perché mi ha insegnato a stupirmi del mondo dell’infinitamente piccolo e ad apprezzare la natura in ogni sua forma.
Ci spieghi in parole semplici in cosa consiste il tuo corso di laurea?
Il filo conduttore di tutti i miei studi è l’applicazione delle tecnologie omiche alla ricerca biomedica. Le omiche permettono di estrarre un gran numero di dati e informazioni da ogni livello di funzionamento della cellula. Dobbiamo ricordarci che i sistemi biologici sono estremamente complessi, soprattutto se è presente una malattia: vanno quindi studiati con un approccio olistico. Potete vedere le omiche come un puzzle: ogni tassello ti da un certo tipo di informazione, ma solo quando sei in grado di metterli insieme allora l’immagine acquisisce un significato.
Perché hai scelto di intraprendere questo percorso di studi?
Innanzitutto per il carattere innovativo. Non conoscevo le omiche, in triennale non ne avevo mai sentito parlare. Incuriosita, mi documentai e scoprii ben presto che stavano rivoluzionando il mondo della ricerca. Poi perché mi permetteva di approfondire hot topics come medicina personalizzata, diagnosi precoce e analisi di dati. Infine, per il numero di esercitazioni previste e per i pochi posti disponibili. Sono convinta che quando si è in pochi le esercitazioni siano molto più utili e il rapporto con i professori decisamente diverso.
Cosa ami di più del tuo programma di studi?
Il metodo di insegnamento: è molto interattivo. Impariamo a discutere, a confrontarci e a rimanere aggiornati su ciò che sta accadendo nel mondo della scienza oggi. Inoltre, i professori sono in grado di trasmetterti la passione per ciò che fanno e sono sempre pronti ad aiutarti in caso di bisogno
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Ho passato tante fasi. C’è stato un momento in cui volevo addirittura fare la restauratrice di opere d’arte. Da qualche tempo, sono assolutamente convinta di voler diventare ricercatrice in campo oncologico. Se ci pensate alla fine, curare una cellula malata è un po’ come restaurare un’opera d’arte. Devi sapere come era l’opera prima che si degradasse, e poi puoi iniziare a sistemarla. Così con le cellule del cancro. Ho scelto la ricerca perché per me è curiosità, osservazione e stupore, perché non c’è nulla di banale nella natura.