Imparare dagli errori: il percorso di Matteo Rubbiani alla MEDTEC School tra intuizione e resilienza
Per Matteo Rubbiani, vincitore della borsa di studio della Fondazione Dompé nel 2022, imparare non significa solo assimilare informazioni, ma è un processo fatto di intuizione, adattamento e puro piacere della scoperta. Studente della MEDTEC School – un innovativo corso di laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e Ingegneria Biomedica, nato dalla collaborazione tra Humanitas University e Politecnico di Milano – Matteo ha trovato un modo unico per connettere discipline apparentemente distanti: guidato dalla logica e dalla curiosità, cerca di decifrare le complessità del corpo umano. La sua esperienza come istruttore di kitesurf gli ha insegnato che il successo non dipende solo dalle competenze, ma anche dalla capacità di comprendere gli altri. In questa intervista, scopriamo come Matteo riflette sulle sue aspirazioni in continua evoluzione, sul ruolo della resilienza nel suo percorso accademico e sul sostegno discreto ma potente trovato nella borsa di studio della Fondazione Dompé – un promemoria che, a volte, credere in sé stessi inizia dal sapere che qualcun altro crede in te.
Cosa significa per te la borsa di studio della Fondazione Dompé?
La MEDTEC School è un corso di laurea che richiede enorme impegno e dedizione. Ottenere la borsa di studio della Fondazione Dompé non ha rappresentato unicamente un sostegno economico, ma anche un incoraggiamento a credere in me stesso e al percorso intrapreso. Mi sono detto: “se loro credono in me, non vedo il motivo per cui non dovrei farlo io”. Al momento sono ancora nel bel mezzo del mio percorso accademico, ma ho già portato a casa degli ottimi risultati. La sicurezza economica è senz’altro un grande aiuto che mi permette di vivere il presente con più serenità e di proiettarmi nella meravigliosa professione medica.
Cosa ti piace di più del tuo percorso accademico finora?
La cosa che mi entusiasma di più della MEDTEC School è l’approccio olistico nell’apprendimento del corpo umano. Questo è frutto della proposta formativa unica che affianca all’insegnamento della Medicina e Chirurgia quello dell’Ingegneria Biomedica. Un esempio pratico può essere lo studio dei circuiti elettrici che mi ha aiutato ad apprezzare e comprendere più a fondo i sistemi elettrici all’interno del nostro organismo. Allo stesso modo, l’approccio più concreto allo studio della chimica mi ha permesso di acquisire una conoscenza approfondita della biochimica.

Qual è la tua materia preferita all’università e perché?
Ad oggi, la materia che mi interessa di più è fisiologia, perché unisce la mia passione per la logica alla profonda curiosità sul funzionamento del corpo umano. Trovo particolarmente affascinante il ruolo cruciale svolto dagli ormoni nella trasmissione delle informazioni all’interno dell’organismo. Gli assi ormonali rappresentano un perfetto esempio della complessità del nostro corpo e di come le sue diverse unità funzionali collaborino in modo sinergico per mantenerlo in vita.
Qual era il tuo più grande sogno da bambino? E adesso?
Da piccolo non avevo un sogno preciso riguardo la mia carriera. Tutto ciò che desideravo era diventare ricco e famoso, senza avere un’idea chiara su come raggiungere quell’obiettivo. Crescendo, mi sono reso conto che la cosa più importante non è tanto il raggiungimento della fama o della ricchezza a, quanto piuttosto scegliere un percorso che ci appassioni e intraprenderlo con tutto il proprio impegno. Oggi, non so se diventerò ricco e famoso, ma so con certezza che farò il lavoro dei miei sogni.

Qual è la tua soft skill migliore?
L’intuitività. Durante le mie esperienze scolastiche ho maturato la capacità di affrontare i problemi e le materie che mi venivano proposte in maniera individuale. Ho sviluppato così l’abilità intuitiva che mi permette non solo di ricordare le nozioni, ma anche di fare miei i concetti e gli argomenti che studio.
A quale hobby non rinunceresti mai?
Il mio hobby preferito è il kitesurf, che pratico da quando avevo 11 anni. Ricordo ancora la prima volta, la sensazione di planare sull’acqua trainato dalla vela. Ancora oggi, ogni volta che ho tra le mani l’aquilone, mi sento libero e in pieno controllo, totalmente coinvolto e presente. È uno sport che mi ha accompagnato durante tutta l’adolescenza, contribuendo a forgiare il mio carattere ed è diventato una parte indispensabile della mia vita, cui non potrei mai rinunciare.
Qual è il tuo più grande fallimento e cos’hai imparato da esso?
All’inizio della mia attività da istruttore di kitesurf, che svolgo da tre anni, ho avuto un allievo alle prime armi che non riuscivo a far progredire. Dentro di me pensavo: “questo è proprio negato”. Frustrato dalla situazione, ho chiesto aiuto a un collega più esperto che, in una sola lezione, è riuscito a fargli raggiungere buoni risultati. Questa esperienza è stata una grande occasione di crescita personale: ho imparato a mettere in discussione me stesso e a riflettere sulle prime valutazioni. Inoltre, ho capito che il successo di un allievo dipende in gran parte dalla capacità del maestro di adattarsi alle sue esigenze individuali.
Qual è il consiglio migliore che ti sia mai stato dato?
Da uno dei miei più cari amici in un momento di incertezza mi è stata condivisa questa frase: “Qualunque scelta tu faccia, sarà quella giusta”. Questo mi aiuta quando mi trovo a dover prendere decisioni davanti a più possibilità e mi incoraggia a proseguire sul percorso intrapreso con determinazione.