Biomedical Omics: alla scoperta dell’interconessione tra macro e micro
Andrea Marchetto è sempre stato affascinato dagli intricati meccanismi del corpo umano. Per questo motivo, dopo aver conseguito la laurea triennale in Biotecnologie, ha deciso di frequentare il Master in Biomedical Omics presso l'Università degli Studi di Milano. Attraverso questo percorso innovativo, reso possibile dal supporto della Fondazione Dompé, sta acquisendo una comprensione completa dei sistemi viventi nonché dell'interconnessione tra macro e micro. Scoprite nella nostra intervista gli studi all'avanguardia di Andrea, vincitore di una nostra borsa di studio nel 2020.
Ci racconti un po’ di te?
Mi chiamo Andrea, ho 23 anni e vengo dalla provincia di Torino. Sono un appassionato di montagna, ambientalismo, cucina ma soprattutto dei meccanismi complessi e straordinari del corpo umano. Ed è un po’ per questo motivo che ho scelto di iscrivermi al corso di laurea magistrale in Biomedical Omics presso La Statale di Milano. In triennale, invece, ho studiato Biotecnologie all’Università di Torino.
Spiegami, in parole semplici, in cosa consiste il tuo corso?
L’obiettivo di Biomedical Omics è quello di avvicinarci sempre di più alla medicina di precisione. Le Scienze Omiche consistono nello studio dei sistemi viventi da molti punti di vista contemporaneamente, quindi il genoma, il proteoma e così via. In questo corso, ci insegnano a trovare un modo per passare dal macro al micro: dall’analisi di macro-campioni di dati e persone, quindi, cerchiamo risposte nel micro, ovvero per il singolo paziente. E lo facciamo grazie e soprattutto all’impiego di tecnologie molto innovative, come per esempio l’intelligenza artificiale.
Perché hai scelto questo percorso?
Perché credo che l‘innovazione sia un ingrediente fondamentale per poter vivere un percorso veramente arricchente. Biomedical Omics è, innanzitutto, un corso nuovo - siamo alla prima edizione -, e poi tratta di argomenti estremamente innovativi.
Qual è la cosa che ami di più del tuo programma universitario?
Certamente l’interazione con i professori e i ricercatori. Tutto questo è molto stimolante perché ci permette di conoscere la passione, ma anche le difficoltà e le storie di chi si occupa di ricerca, e quindi di toccare con mano quella che sarà la nostra futura professione.
Quali sono i tuoi obiettivi futuri?
Mi piacerebbe proseguire con un dottorato e portare avanti un progetto di ricerca in ambito clinico tutto mio. Quello che succederà dopo, in realtà, non l’ho ancora immaginato. Come punti fissi, però, credo ci saranno sia l’attività in laboratorio sia la partecipazione a progetti di ricerca incentrati sulla collaborazione e l’integrazione tra competenze.