Fare il medico volontario: il sogno di ieri e di oggi

20/03/2023

Riccardo Leonetti ha sempre desiderato fare la differenza nel mondo viaggiando, un giorno, come medico volontario. Oggi, è un passo più vicino al suo sogno d'infanzia. Grazie alla borsa di studio della Fondazione Dompé, infatti, frequenta la MEDTEC School, un corso di laurea in Medicina e Ingegneria Biomedica di Humanitas University in partnership con il Politecnico di Milano. Leggi la nostra intervista per scoprire come questo percorso innovativo lo aiuterà ad affrontare le future sfide della Medicina.

Ovviamente mi sono sentito onorato, ma anche rassicurato al pensiero di essere supportato da un team di professionisti. Sono perfettamente consapevole che molte persone hanno grandi aspettative nei miei confronti, ma questo non mi spaventa: al contrario, mi sento ancora più motivato a raggiungere e superare i miei obiettivi.

Ho scelto questo corso di laurea per tre motivi. Innanzitutto perché ha l’obiettivo di formare un nuovo e affascinante tipo di professionista, ovvero un medico che sappia padroneggiare al contempo non solo la medicina ma anche l'ingegneria. In secondo luogo, perché è molto pratico: già dal terzo anno passiamo molte ore in ospedale! Non da ultimo, le lezioni sono in inglese e questo è fondamentale per me perché ho intenzione di fare delle esperienze lavorative all'estero.

In genere, i medici non hanno piena padronanza delle macchine con cui lavorano. Questo perché discipline come la matematica, la fisica, l'automazione o la meccatronica non vengono spesso insegnate a medicina. Questo corso di laurea è innovativo perché ci fornisce una conoscenza completa dei dispositivi medici: in questo modo avremo pieno controllo di essi in futuro.

Sono affamato di conoscenza. Non sono il tipo di persona che si diverte semplicemente a memorizzare nuove informazioni. Quello che mi piace davvero è capire perché le cose accadono: è la parte più eccitante del processo di apprendimento.

«Ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi è un dono. Per questo si chiama presente».

Questo motto riflette il mio approccio alla vita. Credo che si possa vivere felici semplicemente concentrandosi su ciò che si ha nel presente. In questo modo, possiamo sentirci orgogliosi dei nostri successi ed essere fiduciosi verso il futuro.

Nella primavera del 2018 ero campione regionale under 16 in carica nella categoria "100 metri farfalla" e dovevo preparami a difendere il titolo alla gara di maggio. Purtroppo, poche settimane prima dell'evento sportivo, subii una rottura parziale del menisco. Quando il mio allenatore mi disse che non avrei potuto gareggiare, reagii malissimo: ero avvilito, demoralizzato. Poi col tempo sono riuscito a trasformare questo stato negativo in determinazione, tant'è che sono riuscito a vincere la gara successiva, ad ottobre.

Ho sempre desiderato viaggiare per il mondo come medico volontario. Lavorando in diversi luoghi all'estero, avrei la possibilità di immergermi in altre culture, conoscere diversi sistemi sanitari e quindi diversificare la mia esperienza professionale.

Mia madre. È una donna che si è fatta da sé. La ammiro soprattutto perché non ha mai temuto il fallimento. Al contrario, ha sempre creduto che avrebbe cambiato e migliorato ogni luogo di lavoro grazie al suo sorriso e al suo coraggio.

La mia più grande passione è la Formula 1. Trovo particolarmente affascinante l'assemblaggio elegante delle sue componenti, volto a minimizzare il più possibile le turbolenze. Per me questa auto da corsa rappresenta la costante ricerca della perfezione. Mi colpisce soprattutto l'umiltà dimostrata dagli ingegneri della Formula 1 quando copiano le caratteristiche di una vettura concorrente più performante. Questo mi insegna da un lato che possiamo sempre migliorarci, dall’altro che la perfezione non è un obiettivo raggiungibile, bensì un percorso senza fine.

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