Il fascino delle biotecnologie? La comprensione dell’ignoto
Nonostante la giovane età, non ha dubbi sullo scopo della sua vita, ovvero l’esplorazione e la comprensione dell’ignoto attraverso la ricerca in campo biotecnologico. Vincitore di una borsa di studio della Fondazione Dompé, sta oggi concludendo il suo percorso di laurea magistrale in Molecular and Medical Biotechnology all’Università degli Studi di Verona con uno tirocinio per la tesi alla Harvard Medical School di Boston. Ecco la nostra intervista a Nicolò Vivori.
Quando ti sei innamorato della scienza?
Sono sempre stato attratto dalla scienza, soprattutto dalla chimica e dalla biologia. Ai tempi del liceo, due esperienze mi hanno avvicinato ancora di più a questo mondo: uno stage alla Fondazione Bruno Kessler, dove mi sono trovato ad analizzare film di silicio, e la partecipazione al contest “Europass Spaces mobility”. Si trattava di una gara tra liceali che premiava gli autori dei dieci migliori progetti con un viaggio di formazione scientifica. Essendo stato selezionato tra i vincitori, ho trascorso una settimana intera a Budapest, una a Dortmund e una a Monaco, ed è stato bellissimo!
Cosa ti ha spinto a scegliere la laurea magistrale in "Molecular and Medical Biotechnology" all’Università degli Studi di Verona?
Innanzitutto, il grado di personalizzazione offerto da questa magistrale: ogni studente ha la possibilità di costruirsi un percorso di studi su misura, selezionando i corsi che rispecchiano maggiormente i propri interessi. Io, ad esempio, ho scelto di frequentare Human Genome Sequencing perché non vedevo l’ora di scoprire come il sequenziamento avesse rivoluzionato le biotecnologie e la medicina. Poi, perché fornisce delle buone basi di medicina, e credo questo tassello formativo sia essenziale se ci si vuole occupare seriamente di biotecnologie. Se infatti l’obiettivo della medicina è curare i pazienti, quello delle biotecnologie è trovare gli strumenti per poterlo fare.
Cosa significano per te le biotecnologie?
Sono lo scopo della mia vita. Ciò che mi affascina di più di questo mondo è la possibilità di esplorare e comprendere l'"ignoto", rappresentato, ad esempio, dalle malattie rare. Spero un giorno di poter contribuire allo sviluppo di terapie per curarle.
Descriviti in una parola
Curioso: è il mio punto di forza, sin dalla tenera età. Senza curiosità non si va da nessuna parte, soprattutto nel campo della ricerca.
Rivelaci qualcosa che non è sul tuo curriculum
Sono un grande sportivo: ho giocato a basket per più di dieci anni, poi mi sono cimentato nell'atletica e nella pallavolo, e infine le ho lasciate per dedicarmi di più alla scienza. Inoltre, ho un bellissimo gatto bengala, si chiama Fire.
Quali tre obiettivi vorresti portare a casa quest’anno?
Pubblicare un articolo su una rivista importante, come “Nature”, “Science” o “Cell”; laurearmi con il massimo dei voti, e crearmi un network di “amici ricercatori” alla Harvard-MIT-Broad Institute, dove attualmente sto svolgendo uno stage.
Qual è il lavoro dei tuoi sogni?
Fondare una startup biotecnologica. Lo so, punto in alto!
Cosa ha significato per te aver vinto questa borsa di studio?
Questa borsa mi ha permesso di lanciarmi in un’avventura che spero possa essere un trampolino di lancio per la mia carriera, ovvero partire per Boston e iniziare uno stage al laboratorio di Liron Bar-Peled presso la Harvard Medical School.
Qual è il miglior consiglio che ti sia mai stato dato?
Esci il più possibile dalla tua comfort zone: non si può che imparare moltissimo dalle sfide!
Qual è il tuo motto?
«Faber est sua quisque Fortunae», che significa «Ognuno si crea la propria fortuna». Non credo nel destino: se ci si da degli obiettivi e si lavora sodo per raggiungerli, nulla è impossibile nella vita.