Organi su un chip: unirsi alla rivoluzione della medicina

26/09/2021

Vincitore nel 2020 di una borsa di studio della Fondazione Dompé, Davide Carta sta svolgendo un dottorato di ricerca in Ingegneria Medica presso la Queen Mary University of London. L'obiettivo della sua ricerca è quello di individure nuove terapie per il trattamento delle patologie invalidanti della retina utilizzando la tecnologia degli organi su un chip. Desideroso di guidare un team di ricerca e sviluppo specializzato nella medicina rigenerativa, Davide sogna un giorno di poter avere un ruolo di primo piano nella rivoluzione medica. Ecco la nostra intervista.

Ci racconti un po' di te?

Sono Davide, ho 26 anni e ho da poco concluso la laurea magistrale in Ingegneria Biomedica e in Bioingegneria e Nanosistemi presso il Politecnico di Milano e l’Instituto Superior Técnico di Lisbona. Ho scelto questo percorso principalmente perché mi attirava la figura dell’ingegnere: me lo immaginavo come un problem solver. L’Ingegneria Biomedica mi ha aiutato ad applicare questa competenza all’essere umano, uno dei sistemi più complessi che conosciamo e, quindi, uno dei più affascinanti. Ho da poco intrapreso un Dottorato di ricerca in Ingegneria Medica alla Queen Mary University di Londra.

Perché hai scelto di intraprendere questo PhD?

Il mondo della ricerca non è sempre stato la mia passione, almeno finché non ho iniziato a studiare per la tesi magistrale. Durante quel periodo, ho prodotto dispositivi rapidi diagnostici per diagnosticare delle infezioni batteriche ospedaliere. Quello studio aveva un duplice obiettivo: limitare la diffusione delle infezioni e velocizzarne la diagnosi. È stato molto appassionante dedicarmi a qualcosa che avesse lo scopo di migliorare la qualità di vita del paziente e proteggere la comunità. Ho quindi cercato nel mio dottorato qualcosa con una finalità simile. Per me la ricerca è sempre stata sinonimo di scoperta, curiosità, impatto concreto sulla società.

Qual è l'oggetto della tua attività di ricerca?

Il punto focale è la vista, una della capacità umane più complesse ed essenziali: perderla, riduce drasticamente la qualità della vita del paziente. L’obiettivo del mio dottorato è scoprire quali sono le caratteristiche delle patologie invalidanti della retina e fare un passo avanti verso la loro risoluzione. In parole povere, mi occuperò di creare un modello cellulare, ovvero di riprodurre in provetta alcune componenti dell’occhio. Userò poi questo modello per studiare il decorso della patologia e produrre test farmacologici con lo scopo di validare nuove medicine.

Cosa ti affascina di questo ambito di ricerca?

Innanzitutto, il carattere estremamente innovativo dei topic toccati, tra cui la Medicina Rigenerativa e gli Organs on a chip. In breve, questi si occupano di creare modelli su scala ridotta in dispostivi che occupano il palmo di una mano. Essendo poi un ambito di ricerca poco esplorato, il ricercatore ha ampio spazio per esprimere la propria creatività, dimostrare le sue competenze e individuare l’ambito di ricerca più profittevole. Inoltre, mi affascina la multidisciplinarietà che richiede questa ricerca: dalla biologia alla micro-fabbricazione.

Cosa vuoi fare "da grande"?

Parafrasando le parole di un noto pacifista, vorrei essere quel cambiamento che desidero vedere nel mondo. Per questo, mi piacerebbe gestire un team di Ricerca e Sviluppo proprio nella Medicina Rigenerativa, che sta innescando una rivoluzione in ambito medico a cui vorrei partecipare. Mi affascina anche molto l’ambito didattico, quindi l’idea di contribuire alla formazione degli scienziati del domani. Il mio sogno sarebbe coniugare entrambe le cose.

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